L’attenzione è una risorsa mentale sottile, sfuggente, invisibile quasi, e per questo generalmente poco considerata. Eppure riveste un’importanza enorme, ci mette in connessione con il mondo, plasmando e definendo la nostra esperienza: i suoi effetti, come hanno spiegato in questi ultimi anni le neuroscienze, si fanno sentire nella maggior parte delle cose che facciamo. Dall’autoconsapevolezza, fondamento della gestione del proprio sé, all’empatia, radice della competenza nelle relazioni con gli altri, gli ambiti in cui occorre sapersi muovere sono molti: soprattutto oggi, assediati come siamo da una marea di dati che ci spinge a ricorrere quotidianamente a scorciatoie prive di metodo.
Gli ambienti in cui viviamo, pieni di tensioni, tentazioni e obiettivi contesi, tendono a confonderci, e la nostra capacità d’attenzione diventa fondamentale per performare al meglio quando richiesto.
“Il funzionamento dell’attenzione è in gran parte assimilabile a quello di un muscolo: se la usiamo poco si infiacchisce, mentre se la facciamo lavorare bene acquista vigore”
Daniel Goleman
Il primo a parlare di economia dell’attenzione è stato il premio Nobel Herbert Simon, che già nel 1971 scriveva che la ricchezza di informazione disponibile consuma l’attenzione dei destinatari.
Noi già investiamo la maggior parte di questa preziosa risorsa nello svolgere compiti quotidiani come studiare, lavorare, gestire, accudire e metterci in relazione con le persone che gravitano intorno a noi.
Sono tutte attività che oggi peraltro ci obbligano a elaborare una quantità di informazioni assai più alta che in passato: pensiamo solo alla crescita esponenziale di email di lavoro.
Prendendo spunto dalla mia esperienza di trainer e coach ti voglio rendere partecipe di un tema che spesso noto all’interno dei team: la differenza tra attirare e attivare l’attenzione dei nostri interlocutori. La differenza è sostanziale.
Attirare l’attenzione significa ad esempio che mentre sto parlando chi mi sta ascoltando mantiene correttamente il contatto visivo, la sua postura e prossemica sono apparentemente funzionali all’ascolto. Allora cosa manca ? La sua concentrazione e il suo focus possiamo dire che non sono nel “qui e ora”, ovvero a livello cognitivo i suoi pensieri sono rivolti altrove.
Il risultato è che, se vado in verifica della comprensione e chiedessi i tre concetti chiave di cui ho appena parlato, di sicuro non saprebbe ripetermeli.
Attivare l’attenzione viceversa significa catturare completamente l’attenzione e il focus dell’interlocutore ingaggiandolo e interessandolo. Questo è possibile anche grazie all’utilizzo di tecniche linguistiche ben precise (ad esempio la connessione situazionale).
Pensa al mondo della vendita e tutta la differenza che può fare attirare o attivare l’attenzione del tuo cliente.